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04 Settembre 2022 / News

Riapertura al pubblico 6 settembre 2022

 

La desiderata riapertura al pubblico del Centro Nazionale Studi Manzoniani, dopo la pausa, non il silenzio, feriale, vuole rinnovare un modesto e critico impegno di educazione culturale e civile nello spirito della sempre più attuale Sua lezione.
La coincidenza con il nuovo anno scolastico auspica una condivisa riflessione didattica sull’opera di quello ‘sconosciuto’ che sempre rimane Alessandro Manzoni. Nel ripetersi inatteso dei tre flagelli biblici, la peste, la guerra, la fame, il Suo messaggio può ancora educare a una operosa solidarietà ideologica, al servizio sociale di ciascuno, vili e meccanici compresi.
Ai cittadini è affidata, in un momento di difficoltà e incertezze delle istituzioni di governo, la continuità della vita della Casa di Alessandro Manzoni: si legge sempre quella scritta virtuale all’ingresso: «grazie all’ospite di oggi che dà il benvenuto all’ospite di domani».
Per un saluto ai ‘maestri’ delle scuole, si propongono le riflessioni (da lui rastremate a impressioni ) extaraccademiche di Mirko Volpi, prima e sempre studente e ora anche docente di Storia della Lingua italiana all’Università di Pavia (splendidamente in rotta sulle onde dell’Oceano padano).

          Per un caso singolare, da qualche giorno mi sono messo a rileggere I Promessi sposi (sono al cap. XVII). Che libro straordinario, che prosa magnificente, che intelligenza. Molte sono le cose che ancora una              volta hanno fermato la mia attenzione e riacceso una riconoscente stupefazione.
          Le descrizioni del paesaggio e dei personaggi: avete presente il ritratto della monaca di Monza, quando compare ad Agnese e Lucia dietro le grate del parlatorio? In poche righe di descrizione fisica è già tutta            la storia, amaro destino e lo squasso interiore, unica vera vittima integrale del romanzo, Gertrude. O ancora, la descrizione di Lodovico/fra Cristoforo. O del palazzotto, quasi antropomorfizzato, di don Rodrigo.
          La sovrana abilità del Manzoni nell'osservare e rendere con sottile esattezza le dinamiche psicologiche dei singoli (pensate alle alterazioni e alle oscillazioni di quel bravo figliuolo di Renzo) e dei gruppi (i                      capitoli sui tumulti per il pane sono vera e acutissima psicologia delle masse). Spesso grazie ad accostamenti inusitati, quelle callidae iuncturae in cui Manzoni è davvero maestro: la «svogliatezza orgogliosa»            di Gertrude, la «canizie vituperosa» del vecchio mal vissuto in piazza a Milano...
          L'ironia. Non so chi in Italia più di Manzoni abbia adoperato con tale finezza l'ironia, nei racconti storici, nella narrazione spiccia, nell'inquadramento dei personaggi... Ecco come commenta il travaglio del                      vicario di provvisione assediato dai tumultuanti:

          "Poi, come fuori di sé, stringendo i denti, e raggrinzando il viso, stendeva le braccia, e puntava i pugni, come se volesse tener ferma la porta... Del resto, quel che facesse precisamente non si può sapere, giacchè era solo; e la             storia è costretta a indovinare".

          Fortuna che è avvezza a indovinare.

          E infine. La storia, i soprusi, l'eterno (?) soccombere della gente vile e meccanica, la condanna senza sconti del male fatto e delle assurdità dell'uomo (il romanzo non finisce al cap. 38, ma con la Storia della Colonna infame),              la  consapevolezza che il Male accade e che non è un'astratta e deresponsabilizzante Provvidenza a dover aggiustare le cose, ma - nella pienezza del nostro libero arbitrio - il comportarsi con  giustizia e onestà e avendo fede              in Dio. Del resto il sugo della storia (lo ricordava giustamente Giulio Mozzi l'altro giorno, commentando il noto caso del Galimba) è proprio questo:

           "Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per                    colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da  povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di  metterla qui, come il sugo di tutta la                storia".
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           Sono solo scialbe impressioni sorgenti da letture notturne ed elevate nei bassi cieli della mia stanza. Se vi ho annojato, credete che non s'è fatto apposta.

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