Il 7 marzo 1785 Alessandro Manzoni nacque a Milano in via San Damiano da Giulia Beccaria. Già all’epoca pochi erano i dubbi sulla vera identità del padre del bambino: non Pietro Manzoni, marito di Giulia, ma Giovanni Verri. Il piccolo Alessandro venne subito mandato a balia a Cascina Costa, presso Lecco, nell’austera villa di famiglia del Caleotto.
Compiuti sei anni, il 13 ottobre 1791 Alessandro entrò nel collegio di Merate dei Padri Somaschi; collegio che più tardi avrebbe definito un «sozzo ovile». Prima di partire la madre Giulia lo accompagnò a salutare il nonno Cesare: fu il loro primo e ultimo incontro.
Il 23 febbraio 1792 Giulia Beccaria e Pietro Manzoni si separarono consensualmente e due anni dopo la madre di Manzoni lasciò Milano con Carlo Imbonati. Nel 1798 la coppia si stabilì a Parigi.
Nell’aprile 1796 l’imminente arrivo delle truppe napoleoniche provocò il trasferimento degli alunni di Merate a Lugano, nel collegio di Sant’Antonio, sempre dei Padri Somaschi. Nel settembre 1798 Alessandro entrò nel collegio dei Nobili (poi Longone), retto dai padri Barnabiti, dapprima a Castellazzo dei Barzi (Magenta), poi a Milano. Agli anni del collegio risale l’incontro, nel 1799, con Vincenzo Monti.
Nel 1801 Manzoni stese il Del trionfo della libertà e l’Autoritratto. Concluso l’iter scolastico, uscì dal collegio, mantenendo rapporti di vivace amicizia con Giovan Battista Pagani, Ignazio Calderari, Luigi Arese. Si innamorò di Luigina Visconti dei marchesi di San Vito, sorella dell’amico Ermes: a lei dedicò l’ode Qual su le Cinzie cime.
Nell’ottobre 1802, apprezzato nei circoli intellettuali della Milano Repubblicana, pubblicò il sonetto Per la «Vita di Dante», che introduce Le Vite degli eccellenti italiani dell’esule napoletano Francesco Lomonaco.
Nell’ottobre 1803 il padre allontanò Alessandro dalla «dissoluta e democratica» Milano, costringendolo a trasferirsi a Venezia (austriaca), presso il cugino Giovanni Manzoni. Lì conobbe Isabella Teotochi Albrizzi.
Nel 1804, dopo la morte del cugino, rientrò a Milano, dove ritrovò Vincenzo Monti e approfondì la conoscenza di Vincenzo Cuoco, che lo stimolò alle ricerche storiche e alla lettura delle opere di Giambattista Vico. Tra Venezia e Milano scrisse gli oraziani Sermoni.
Il 15 marzo 1805 a Parigi morì Carlo Imbonati, lasciando Giulia Beccaria sua erede universale. Il 12 luglio Alessandro, grazie al denaro datogli dal padre per il viaggio, raggiunse Giulia a Parigi, dov’era atteso da tempo. Insieme alla madre frequentò i circoli della capitale e, nel vicino villaggio di Auteuil, il salon della vedova Helvétius e del medico Cabanis, uno dei filosofi più autorevoli del gruppo degli idéologues. Fu accolto da Sophie de Condorcet e da Claude Fauriel nella «Maisonette» di Meulan. L’amicizia con Fauriel, documentata da un intenso carteggio e da una reciproca ospitalità, sarebbe durata fino alla stampa della Ventisettana. Per ringraziarlo della «lusinghevole» accoglienza che aveva riservato al Carme in morte di Carlo Imbonati, Manzoni gli scrisse la sua prima lettera (e l’unica in italiano) il 9 febbraio 1806.
Nel febbraio 1807 Manzoni, con la madre, ritornò in Italia per rivedere, con intenzioni matrimoniali, Luigina Visconti, che nel frattempo si era però sposata. Il 18 marzo morì il padre Pietro, che istituì Alessandro suo unico erede. Nello stesso anno conobbe a Milano Enrichetta Blondel, l’«angelica creatura» che Manzoni sposò, con rito calvinista, il 6 febbraio 1808 nella casa milanese di via del Marino.
A giugno i Manzoni rientrarono a Parigi, dove il 23 dicembre nacque Giulia Claudia («Giulietta»). La bambina fu battezzata il 23 agosto 1809 secondo il rito cattolico, per volontà insospettata del padre, che si stava nel frattempo riavvicinando alla religione. A Milano, Manzoni pubblicò il poemetto Urania.
Il 15 febbraio 1810 Alessandro ed Enrichetta si sposarono a Parigi con rito cattolico. Tra aprile e maggio Enrichetta pronunciò l’abiura del calvinismo, in seguito all’episodio della conversione del marito nella chiesa di S. Rocco. Il 2 giugno la famiglia lasciò Parigi per Milano. Frequenti divennero i soggiorni nella villa di Brusuglio (o Brusù, in milanese), ereditata da Imbonati e luogo di ristoro e ispirazione per lo scrittore. Qui il 5 settembre 1811 nacque, prematura, Luigia Maria Vittorina, che morì nello stesso giorno.
Nel 1812 la famiglia si trasferì nel palazzo Beccaria, dove Manzoni avviò il ciclo degli Inni sacri e dove nacque, il 21 luglio 1813, il figlio Pietro Luigi («Pierluigi» o «Pietro»). Sempre nel 1813 Manzoni, con il denaro ereditato dalla moglie, acquistò la casa di via del Morone.
Gli eventi storici degli anni seguenti infiammarono lo spirito patriottico di Manzoni: nel 1814, dopo la caduta del Regno d’Italia, scrisse la canzone patriottica Aprile 1814 e nell’aprile 1815, per il tentativo insurrezionale di Murat, compose il Proclama di Rimini.
Il 23 luglio nacque la figlia Cristina; nel frattempo giunsero alle stampe i primi quattro Inni sacri.
Il 13 novembre 1817 nacque la figlia Sofia e il 7 giugno 1819 il quintogenito Enrico. A luglio pubblicò, a Milano, le Osservazioni sulla morale cattolica. In settembre Manzoni partì con la famiglia per Parigi, dove si stabilì nella rumorosa rue de Seine.
Nel gennaio 1820 Manzoni pubblicò Il Conte di Carmagnola: da Parigi prese atto delle critiche e lavorò alla Lettre allo Chauvet. A luglio ripartì per Milano e, seppure afflitto dai frequenti attacchi nervosi di cui scrivono la moglie e la madre, in ottobre avviò la stesura dell’Adelchi.
Nel marzo 1821, dopo i moti insurrezionali piemontesi, Manzoni compose Marzo 1821. Il 24 aprile iniziò il romanzo, conosciuto con il titolo di Fermo e Lucia. Tra il 18 e il 20 luglio compose di getto Il Cinque Maggio; meno di un mese dopo nacque, il 12 agosto, la figlia Clara.
Dopo la nascita della figlia Vittoria, il 17 settembre 1822, stampò a Milano la tragedia Adelchi, con il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia e l’inno La Pentecoste.
Nei primi mesi del 1823, a Parigi, fu stampata, con le due tragedie prefate e tradotte da Fauriel, e con il giudizio di Goethe, la Lettre à M. C[hauvet] sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie. Il 1 agosto morì la figlia Clara. Il 17 settembre concluse la stesura del Fermo e Lucia e ne avviò la tormentata revisione (la cosiddetta «seconda minuta»), che giunse alla stampa nel 1825-’26 e alla pubblicazione nel 1827. Pochi giorni dopo, il 22 settembre, indirizzò al marchese Cesare d’Azeglio la lettera Sul Romanticismo. A Torino uscì la prima stampa “ufficiale” del Cinque Maggio.
Il 18 marzo 1826 nacque il figlio Filippo. Tramite Niccolò Tommaseo, Manzoni conobbe Antonio Rosmini.
Nel 1827 uscirono a Jena le Opere poetiche di Manzoni prefate da Goethe e il 15 giugno vennero distribuiti i tre tomi del romanzo I Promessi sposi. Un mese dopo Alessandro, con la famiglia, lasciò Milano per Firenze. Qui iniziò la revisione linguistica del romanzo e conobbe il granduca Leopoldo II, Vieusseux, Capponi, Giordani e Leopardi. A ottobre rientrò a Milano.
Gli anni ’30 iniziarono con un lieto evento, la nascita della figlia Matilde il 13 luglio 1830, ma furono funestati dalla morte di Enrichetta, il 25 dicembre 1833, e della primogenita Giulietta, il 20 settembre 1834. In memoria della prima moglie, il 14 marzo 1835, avviò, ma poi interruppe, un non programmato inno sacro, Il Natale del 1833.
Il 2 gennaio 1837 Manzoni, che forse aveva sentito «la maledizione del veh soli» (Cantù), si risposò con Teresa Borri vedova Stampa. Il successo del romanzo portò nel frattempo in via del Morone Balzac, che gli fece visita nel 1837 senza che l’incontro portasse a una reciproca comprensione e, l’anno successivo, lo statista inglese W. E. Gladstone.
Nel novembre 1840 uscirono le prime dispense dell’edizione definitiva e illustrata dei Promessi sposi.
Nuovi lutti si abbatterono sulla famiglia, con la morte, il 27 maggio 1841, della figlia Cristina e quella, il 7 luglio, di Giulia Beccaria.
Nel novembre 1842 uscì la Storia della Colonna infame, a integrazione e negazione del romanzo.
Un anno dopo essere stato investito da una carrozza, il 15 luglio 1844, morì, in solitudine, Claude Fauriel.
Dal matrimonio con Teresa nacquero, il 18 febbraio 1845, due gemelline: una nata morta, l’altra sopravvissuta poche ore. Il 31 marzo morì la figlia Sofia. A Milano uscirono i primi fascicoli delle Opere varie; la pubblicazione si concluse nel 1855.
Il 26 febbraio 1847 Manzoni scrisse la celebre lettera a Giacinto Carena sulla lingua italiana, il successivo 17 ottobre avviò l’inno sacro Ognissanti, rimasto incompiuto.
Il 18 marzo 1848 il figlio Filippo si arruolò nella Guardia Civica: gli Austriaci lo arrestarono e lo tennero prigioniero fino alla metà di giugno. Il 20 marzo Manzoni firmò l’appello dei Milanesi a Carlo Alberto. In una brochure pubblicò Marzo 1821 e il Proclama di Rimini, devolvendo il ricavato ai profughi veneti. A fine luglio si trasferì a Lesa, dove rimase fino all’autunno del 1850.
Nel 1850 a Lesa, dagli intensificati rapporti con Antonio Rosmini, nacque il dialogo Dell’invenzione.
Tra la fine di settembre e l’inizio dell’ottobre 1852, Manzoni fu ospite della figlia Vittoria in Toscana.
Alla fine dell’anno successivo morì l’amico e scrittore Tommaso Grossi, che si era trasferito nel 1822 in due stanze della casa di via del Morone, dove aveva vissuto fino al maggio del 1837, quando lasciò la casa forse in seguito a uno screzio con Teresa.
Un altro lutto colpì Manzoni tre anni dopo, il 1 luglio 1855, con la morte dell’amico e filosofo Antonio Rosmini, con il quale era in rapporti dal 1826. Uscì la seconda edizione della Morale Cattolica.
Un anno dopo lo afflisse un nuovo lutto: il 30 marzo 1856 morì di tisi la figlia Matilde. In agosto Manzoni soggiornò nuovamente in Toscana, dove incontrò, insieme ad altri intellettuali, Gino Capponi.
Il 30 giugno 1859, nella Milano appena liberata dagli Austriaci, Manzoni fu acclamato presidente dell’Istituto Lombardo di Scienze Lettere e Arti. Il 9 agosto Vittorio Emanuele gli attribuì il Gran Cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Nel febbraio 1860 Manzoni ricette la visita di Cavour e di Vittorio Emanuele. Il 29 febbraio fu nominato senatore del Regno da Vittorio Emanuele II e il 7 giugno prestò giuramento a Torino, appoggiando poi, il 26 febbraio 1861, il progetto di legge per la proclamazione di Vittorio Emanuele a re d’Italia. Il 23 agosto morì la seconda moglie Teresa.
Il 26 marzo 1862 Garibaldi si recò a conoscere Manzoni, che confessò di trovarsi «ben piccolo dinanzi all’ultimo dei Mille e più ancora dinanzi al loro Duce».
In attesa della liberazione di Roma, il 10 dicembre 1864 votò per il trasferimento provvisorio della capitale da Torino a Firenze.
Nel febbraio 1868, dopo la morte del figlio Filippo, elaborò e stampò la relazione al ministro della Pubblica Istruzione Emilio Broglio Dell’Unità della lingua e dei mezzi di diffonderla. Il 30 giugno ricevette la visita di Giuseppe Verdi.
Nel 1869 pubblicò l’Appendice alla Relazione intorno all’unità della lingua e ai mezzi di diffonderla.
Dopo la breccia di Porta Pia, il 28 giugno 1872 gli venne conferita, con grave indignazione del mondo cattolico, la cittadinanza onoraria di Roma.
Al principio del 1873 cadde sugli scalini della chiesa di S. Fedele, procurandosi un grave trauma cranico che ne compromise la salute.
Meno di un mese dopo la scomparsa del figlio Pietro, il 28 aprile 1873, Manzoni, che alla figlia Vittoria aveva confidato che non avrebbe potuto vivere nemmeno un mese se Pietro fosse morto, morì il 22 maggio nella casa di via Morone. Il 29 maggio si tennero i solenni funerali nel Duomo di Milano; Verdi era troppo addolorato per parteciparvi, ma il 22 maggio 1874 celebrò il primo anniversario della morte di Manzoni con la Messa da requiem.